domenica 29 novembre 2015

L'UNICA RAGIONE



I, I will be king
And you, you will be queen
Though nothing will drive them away

L’uomo si sistemò gli auricolari e guardò la città deserta, davanti a sé.
Non è tranquilla come sembra” pensò, mentre il cielo plumbeo iniziava a scurirsi. La pioggia sferzava l’aria con gocce di ghiaccio.
«Muoviti, tra poco sarà sera, non vorrai stare qua fuori?» La voce di Chiara lo riscosse.
Le tirò un pugno scherzoso sulla spalla. «Chi ha avuto l’idea di attraversare questo schifo?» rispose, sorridendo.
Chiara si scostò una ciocca bionda dagli occhi. «Non dare la colpa a me ora» disse, scoppiando a ridere. «Coraggio!»
E iniziò a correre lungo la strada.

'Cause we're lovers, and that is a fact
Yes we're lovers, and that is that

L’uomo si strinse nel parka. Si era alzato il vento e la pioggia scendeva in obliquo, colpendolo al volto come aghi di ghiaccio. Si sistemò lo zaino sulla spalla e avanzò, in cerca di un rifugio per la notte.
Oltrepassò un negozio di elettronica con le vetrine sfondate e del tutto vuoto e si fermò sulla soglia della drogheria accanto.

We can beat them, just for one day
We can be Heroes, just for one day

«Ci sarà ancora qualcosa?» gli chiese Chiara.
«Tentar non nuoce» le rispose, entrando.  «Tu guarda negli altri negozi, io faccio un giro veloce.»
Il campanello tintinnò, annunciando il suo arrivo. L’uomo estrasse la pistola da sotto il cappotto e proseguì verso gli scaffali con cautela: tutti vuoti. Gli sciacalli avevano già preso ogni cosa.
Andò nel retrobottega, anche questo razziato.
Almeno non ho trovato nessun predatore.
Uscì e Chiara gli corse incontro.

And you, you can be mean
And I, I'll drink all the time

«Ho trovato un supermercato! È proprio nella strada qua dietro» disse indicando un punto alle sue spalle. «Potrebbe essere un ottimo riparo per la notte.»
L'entusiasmo di Chiara riusciva sempre a contagiarlo. «Bene, andiamo» le rispose con un sorriso.

Though nothing, will keep us together
We could steal time,
just for one day

Il supermercato sorgeva in un piazzale circondato da un enorme parcheggio disseminato di scheletri d’auto arrugginiti. L’uomo vide che il portone principale era ostruito da mobili, carrelli accatastati uno sopra l’altro, e una jeep senza copertoni.
Forse qualcuno ha già trovato rifugio all'interno” pensò.
Proseguì lungo il lato destro dell’edificio e trovò l’ingresso di servizio: due porte metalliche, con le maniglie chiuse da una catena. Davanti al portone, c’era un’enorme pozzanghera che si estendeva per tutta la grandezza delle porte; al centro, davanti all’ingresso, un unico lampione ormai spento.
Potrei usare la tenaglia, ma sembra un posto sicuro dove fermarsi un paio di giorni.
«Chiara, cerchiamo un’altra entrata. Non voglio distruggere quella che potrebbe essere una linea di difesa.»
«No» lo fermò Chiara «Guarda il cielo!»
Non si era accorto che l’oscurità stava calando più in fretta di quanto aveva previsto.
Dannazione, oggi non è proprio giornata.
«Non rimane altra scelta. Romperò il lucchetto» affermò.

I, I will be king
And you, you will be queen
Though nothing will drive them away
We can be Heroes, just for one day
We can be us, just for one day

Il lampione solitario al centro della pozzanghera sembrava essere un guardiano silenzioso.
«Stai indietro, Chiara, credo che questo supermercato non sia disabitato.»
«Predatori?»
«Non credo, umani. Speriamo siano amichevoli o…» lasciò cadere la frase nel vuoto.

We can beat them, for ever and ever
Oh we can be Heroes,
just for one day

Fece un passo nella pozzanghera, l’acqua gli arrivava al polpaccio.
“Parecchio profonda.”
Avanzò di un ulteriore passo ed ebbe un mancamento, venne strattonato per il piede destro, gli sembrò che la gamba venisse staccata dal corpo. Chiuse gli occhi, la terra sotto ai piedi svanì, e quando li riaprì si ritrovò a guardare il mondo a testa in giù. Era appeso al lampione.
“Merda… sono un coglione.”
«Chiara! Aiutami!» si guardò intorno, ma non la trovò.
«Chiara!» gridò, ma solo la pioggia rispose al suo richiamo.
Dove si è cacciata? Prima o poi si metterà nei guai!
Prese la pistola dalla fondina, ma aveva le dita bagnate e gli scivolò, cadendo con un tonfo nella pozzanghera.
Che giornata del cazzo!
Un urlo acuto lo fece rabbrividire, il suono rimbalzò fra tutti i palazzi della città, come un’eco.
Quanti cazzo sono?
Con le mani che tremavano, estrasse il coltello dal fodero alla cintura. Cercò di tirarsi su per tagliare la corda, ma lo zaino si oppose.
Lo devo lasciar andare”.
Si tolse prima una bretella e poi l’altra, lo zaino si schiantò nella pozzanghera.
Un altro ruggito lacerò lo scrosciare della pioggia. L’uomo rimase penzolante per la gamba. Osservò il cielo, si stava scurendo.
Non ho più molto tempo… forza, cazzo!
Contrasse gli addominali e si sforzò mentre cercava di raggiungere la corda, si stirò, allungando il braccio destro fino al suo limite, ma non era ancora abbastanza. “Merda!
Tentò finché il bruciore ai muscoli non divenne insopportabile, poi si lasciò andare, la schiena e il collo scrocchiarono. Il fiato gli si spezzò. Restò appeso, fece respiri lenti e profondi, cercando di calmarsi.
D’accordo, devo fare le cose piano, ce la posso fare” pensò, respirando profondamente.
Piegò il ginocchio della gamba appesa, poi contrasse gli addominali e si raggomitolò su se stesso, afferrandosi il ginocchio con la mano sinistra. Stese il braccio destro e con il coltello arrivò alla corda che lo teneva prigioniero. Mosse la lama avanti e indietro, lo sforzo per mantenersi in posizione era immane, ma non aveva altra scelta.
Forza, cazzo!
Il ruggito dei predatori tornò a interrompere il rumore ritmico della pioggia.
Aumentò la velocità, la schiena e le braccia in fiamme.
Ormai mancava poco.” I fili intrecciati della corda erano sul punto di cedere.
Così… dài… andiamo, bella…” La corda si spezzò. La caduta durò un istante. L'uomo si schiantò sul fianco destro, nell’acqua ghiacciata che gli entrò in bocca e nelle narici. Il colpo fu attutito dallo zaino, ma rimase comunque stordito a terra. Tossì, liberando le vie respiratorie. Rimase fermo, pietrificato dal freddo e dal dolore, poi si concesse di tirare un lungo respiro di sollievo.
Salvo…
Quando si sentì sicuro di essersi ripreso, tentò di alzarsi, ma la gamba lo bloccò. Inondandolo con una scarica di dolore.
«Che cazzo?»
Risprofondò nella pozzanghera, si resse sui gomiti, i denti che battevano.
Chiara… dove sei finita?
Guardò il cielo, stava calando la notte e la temperatura era scesa.
«Chiara!» chiamò, ma non ebbe risposta. “Devo muovermi.
Fece leva sul braccio e alzò il fianco, cercando di liberare la gamba da ciò che la bloccava. Il dolore tornò, più forte di prima, ora lo sentiva, era come se vi fosse conficcato un pugnale.
Grugnì stringendo i denti e si tirò ancora più su, finché non sentì qualcosa uscire dalla sua gamba, con un colpo di reni uscì dalla pozzanghera e si sdraiò pancia all’aria sull’asfalto bagnato a un passo dall’ingresso.
Una trappola del cazzo. Porca troia, meno male che c’era lo zaino” guardò nel punto in cui era caduto: una punta di ferro arrugginito era appena visibile sopra il pelo dell’acqua.
Si trascinò fin contro la porta chiusa, si tolse la kefiah e la usò per tamponare il sangue che sgorgava dalla ferita, poi la avvolse intorno alla gamba e strinse. Fece un doppio nodo, la stoffa era già insanguinata.
Con le dita tremanti aprì il taschino superiore della giacca e prese la scatola degli antibiotici, estrasse una pillola, e se la mise sulla lingua. Deglutì.
Devo muovermi, cazzo, o sentiranno l’odore.
Si aggrappò alla maniglia in ferro e si alzò. Zoppicò dentro la pozzanghera e, piegandosi solo sulla gamba buona, recuperò lo zaino dall’acqua, lanciandolo contro la porta.
Poi si accovacciò, facendo un enorme sforzo per ignorare il dolore alla gamba. Scavò nella melma, alla cieca, finché non sentì qualcosa di metallico. “Eccola!” provò a prendere la pistola ma la perse. Imprecò e continuò con la sua ricerca. Riuscì con l’indice a toccare la pistola e a tirarla verso di sé. La impugnò e la estrasse dalla fanghiglia.
Merda! Così com’è non posso usarla” pensò osservando la canna ostruita. La mise nella fondina e si alzò.
Un urlo disumano, seguito da un ruggito. Poi altre urla si aggiunsero al coro, in una cacofonia che coprì il rumore della pioggia. L’uomo alzò gli occhi al cielo: la flebile luce del giorno era diventata ancora più tenue, non c’era più tempo.
Che giornata di merda.
Estrasse il fucile dallo zaino, lo puntò contro il lucchetto e sparò. Questo cadde con un tonfo sordo e il catenaccio si allentò, l’uomo liberò le maniglie più in fretta che poté.
Andiamo.
Si mise il fucile a tracolla e raccolse lo zaino.
Un altro ruggito. Questa volta molto più forte di prima, molto più vicino.
Cazzo… Chiara… dove sei?
Diede una rapida occhiata alle proprie spalle.
«Chiara!» gridò, provò a cercarla con lo sguardo, ma l’oscurità glielo impediva. Si soffiò una narice otturata ed entrò nel supermercato. Richiuse la porta alle proprie spalle, staccò un’asse da un pallet lì vicino e la usò per bloccare le maniglie. Poi si lasciò andare a terra, la schiena contro la porta, la gamba che continuava a tormentarlo. Restò in silenzio, stremato.
Chiara… dove cazzo sei finita?
Sentiva il cuore che gli esplodeva nel petto, la sua mente vagò. Gli apparve l’immagine di Chiara, squartata in un vicolo, le viscere sparse sull’asfalto bagnato, il corpo ridotto a uno scheletro con brandelli di carne e vestiti ancora attaccati.
Scosse la testa, cercando di scacciare quei pensieri.
Ho bisogno di un po’ di musica. Devo ritrovare la calma, non devo farmi prendere dal panico. Si sarà sicuramente nascosta in qualche posto sicuro.
Prese gli auricolari e se li portò alle orecchie.
«Coglione, cazzo hai fatto?» gridò una voce nell’oscurità. Uno sparo da qualche parte nel supermercato.
Merda… questa è proprio una giornata del cazzo!” Strinse i denti e si rialzò, la gamba gli mandò una nuova scarica di dolore, rimase un secondo fermo, paralizzato.
Ci fu un altro sparo, il suo cacciatore si stava avvicinando. L’uomo iniziò a muoversi, zoppicando e reggendosi agli scaffali vuoti.
Devo nascondermi, porca puttana, ci mancava solo questa testa di cazzo!
Proseguì alla cieca, inciampò su una bottiglia vuota e rovinò a terra, mordendosi la lingua. Il sapore del sangue gli invase la bocca. Uno sparo. Il proiettile gli sibilò sopra la testa.
«So dove sei, coglione!»
Strisciò sotto lo scaffale e si ritrovò nel corridoio parallelo.
«Non puoi scappare, sei fottuto, coglione!» Il cacciatore sparò ancora, l’uomo si sentiva una bestia in trappola.
Corse al massimo che la gamba gli consentiva, nel buio, zoppicando e sperando che il rumore dei suoi passi venisse coperto dalla pioggia che sbatteva contro il tetto. Qualcosa lo colpì al basso ventre, venne sbilanciato in avanti e sbatté la faccia contro una superficie tiepida e liscia.
La toccò con la mano. “Plexiglass. Reparto frigo. Porca puttana… forse ce la faccio.
Tastò con le mani cercando la maniglia, seguì i bordi del frigo e la trovò, la aprì e si infilò dentro, chiudendosi la porta sopra. Rallentò i respiri, la gamba tornò a fargli male. L'ambiente non era molto largo, ci stava a malapena, ma era lungo e l’uomo poté distendersi senza problemi, questo fu un sollievo. Lo zaino sulla schiena gli faceva da materassino, chiuse gli occhi.
Chiara… dove sei…” pensò, crollò nel sonno senza neanche rendersene conto.
Fu svegliato di soprassalto da un’esplosione.
Se quell’idiota non la finisce ci sentiranno.” L’uomo si strinse nel parka, il cuore che batteva come un tamburo a causa dello spavento, le tempie che pulsavano. Non sentiva più la gamba, provò a muoverla e avvertì un formicolio, estrasse la scatola e prese un’altra pastiglia di antibiotico.
«Coglione! Guarda che cazzo hai fatto!» la voce dell’altro uomo gli arrivò ovattata dal vetro che lo separava dal mondo.
Basta, cazzo, voglio riposarmi… sono stanco… e devo ancora trovare Chiara…
Ci fu un boato, non era il rumore di uno sparo. Rimase in assoluto silenzio e tese le orecchie. Un altro boato e un sibilo, un sibilo lungo e prolungato, poi rumore di passi pesanti, così pesanti da sovrastare il frastuono della pioggia contro il tetto. Sentì le pareti del frigo vibrare.
“È entrato un fottuto predatore! Merda! Sono nella merda!
Si contorse nell’angusto spazio e riuscì a liberarsi dell'arma a tracolla, la appoggiò accanto a sé. Si tolse lo zaino e aprì la tasca laterale, prese il visore notturno, lo indossò. Il buio si tinse di luce verde. Poi prese il fucile e aprì il caricatore.
“Sei colpi… più uno in canna” sospirò. “Devo essere veloce e preciso.
Voleva uscire dal frigo ma la gamba gli faceva ancora troppo male. 
Avessi ancora la morfina. Ho bisogno di concentrarmi, devo ignorare il dolore se voglio uscirne vivo. E devo ritrovare Chiara.
Prese le cuffiette che spuntavano da sotto la kefiah, le mise nelle orecchie, chiuse gli occhi. E si isolò dal mondo.

Like the dolphins, like dolphins can swim
Though nothing,
nothing will keep us together
We can beat them, for ever and ever

Sentì qualcosa tirargli la gamba, aprì gli occhi e puntò il fucile, era pronto a premere il grilletto, quando mise a fuoco chi aveva davanti.
«L’ho visto… è nel corridoio di sinistra…»
«Chiara, da dove cazzo spunti fuori? Avevo bisogno di te!»

I, I can remember
Standing, by the wall

«Ho trovato un’entrata secondaria e ti ho perso di vista. Fa’ silenzio ora, non c’è tempo, lui sta arrivando.» Chiara gli fece cenno col capo in alto a destra.
«È lì» disse.
L’uomo vide un M16 proprio sopra il vetro di plexiglass.
«Merda…»
«Hai paura?» lo stuzzicò Chiara.

And the guns shot above our heads
And we kissed,
as though nothing could fall

«Quante volte ti ho detto di non sottovalutare chi incontriamo?»
«Attento! Esci da qui!» gridò Chiara all'improvviso, indicando il soffitto.
L’uomo non se lo fece ripetere, si tolse le cuffie tirandole dal cavo, aprì il frigo e schizzò fuori, nel lato opposto rispetto al pazzo. Il cacciatore si voltò verso di lui, sparò, ma l’uomo si accucciò contro il frigo e strisciò per alcuni metri, cercando di guadagnare terreno.
Seguì un rumore assordante, simile all’esplosione di una bomba. L’uomo si sporse: il punto del frigo in cui era stato nascosto fino a poco tempo prima non c’era più, al suo posto, un predatore.
La bestia si alzò sulle gambe e lanciò un ruggito nella direzione dell’uomo. Dalla bocca spalancata del mostro si potevano vedere i denti aguzzi, perfetti per dilaniare la carne.
C’era un qualcosa nel volto dei predatori che lo terrorizzava: la loro somiglianza con gli umani. Per quanto fossero diventati così diversi da ciò che erano, il loro sguardo tradiva la loro antica natura.
Chiara! Dimmi che sei riuscita a scappare… cazzo!” strinse i pugni. “Avrei dovuto aiutarla!
Il cacciatore aprì il fuoco verso la bestia, che ruggì furibonda e sparì nei corridoi con un balzo. L’uomo vide le spine ossee che spuntavano dalla schiena glabra del mostro e rabbrividì.
«Guarda cosa cazzo hai fatto!» gridò il pazzo e l’uomo lo sentì correre via.
Controllò il soffitto e le pareti circostanti, cercando il predatore, ma di lui, a parte i segni lasciati prima, nessuna traccia.
 Sospirò e controllò il frigo distrutto.
«Chiara?» bisbigliò. Si sentiva il cuore in gola, temeva di trovarla squartata, il suo corpo sbudellato in una pozza di sangue. Ma invece trovò solo vetri rotti e pezzi di ferro.
«Chiara?» sussurrò. Si guardò intorno, cercandola. «Chiara?» disse più forte. Non ricevette risposta, solo raffiche di fucile in qualche corridoio lontano e il tamburellio della pioggia contro il tetto.
Merda, dov’è che si caccia sempre?” Un po’ più sollevato, si mise il fucile in spalla e zoppicò verso gli spari.
Sfruttando la copertura di uno scaffale, si sporse per guardare: il pazzo stava sparando contro il predatore, senza riuscire a colpirlo. La bestia era veloce, spariva nel dedalo di corridoi e appariva da uno scaffale, dal soffitto, o alle spalle del pazzo, che però reagiva sempre prontamente, colpendo la bestia con raffiche brevi e mirate.
Deve avere parecchi proiettili. Se ammazza la bestia io ammazzo lui.
Seguì lo scontro attraverso il mirino del fucile. Il pazzo aveva appena schivato una carica del predatore e stava ricaricando dopo aver colpito la bestia a una gamba.
Ora!” Sparò. Aveva avuto l’uomo sotto mira per tutto il tempo, eppure il proiettile gli passò a pochi centimetri dal naso.
«Merda!» disse a denti stretti.
L’uomo si voltò verso di lui.
«Pezzo di merda! Coglione! Lo hai fatto entrare tu!» sparò nella sua direzione, un proiettile gli sibilo accanto l’orecchio, lasciando una scia di calore sul suo zigomo. L’uomo ritornò in copertura.
«Possiamo collaborare per ucciderlo! Ascolta… c’è mia moglie con me… voglio solo uscirne vivo…»
«Dovevi pensarci prima, stronzo! Adesso me l’hai fatto perdere di vista… Giuro che ti apro il culo!»
Sentì i passi del pazzo allontanarsi e l’uomo rifiatò. Guardò il soffitto, libero. Si sporse di nuovo verso il corridoio, anche questo libero. Tremava, sapeva che doveva immergersi in quel labirinto per ritrovare Chiara.
«Chiara?!» disse, in un ultimo tentativo. Solo il tamburellio ritmico della pioggia.
«Cazzo!» Serrò la mascella e fece un primo passo. Sputò un grumo di saliva, catarro e sangue; le orecchie tese per captare ogni minimo rumore sospetto. Il dito sul grilletto, pronto a fare fuoco.
Sapeva che il predatore lo stava braccando, ne avvertiva la presenza, come un’ombra opprimente. Ogni due passi si controllava alle spalle poi guardava verso l’alto.
Attraversò quello che doveva essere il vecchio reparto di ferramenta con appesi ai ganci degli scaffali chiodi, martelli e cacciaviti.
Cazzo, avrei potuto prendere qualcosa se non fossi in questa situazione di merda.
Un rumore attirò la sua attenzione, si bloccò e cercò di decifrarlo, era un pianto. Com’era iniziato, cessò. L’uomo si diresse verso quella direzione, pronto a cogliere altri rumori sospetti.
E il pianto ricominciò poco dopo.
«Chiara?» bisbigliò, senza ricevere risposta. Proseguì per il corridoio fin quando il pianto non si arrestò ancora. Si trovava a un incrocio di reparti.
E adesso che strada prendo?” si chiese mentre controllava che il predatore non gli potesse piombare dal soffitto.
Dopo qualche istante di silenzio, lo risentì. Veniva da corridoio davanti a lui. Non era un pianto, era una risata, si ripeteva sempre uguale a intervalli regolari.
È una specie di trappola?
Camminò piano, concentrando il proprio peso sulla gamba sana, senza sforzare quella ferita e controllando sempre alle proprie spalle e il soffitto. Era sudato fradicio, aveva freddo, tremava, si sentiva la febbre e la testa pesante. Aveva voglia di dormire, di chiudere gli occhi e mandare tutto a fanculo.
Ma doveva ancora trovare Chiara.
Arrivò alla fine del reparto, la risata veniva proprio da dietro l’angolo. Si appiattì contro la parete vuota, fece un bel respiro e uscì allo scoperto, il fucile pronto a sparare.
Non c’era nessuno, solo un orso di peluche a terra, sgualcito e consumato, con un occhio mezzo staccato. Era il pupazzo a emettere quella risata. L’uomo se lo rigirò in mano e spostò su OFF la levetta dell’accensione.
Sentì un rumore, alzò lo sguardo e poco più avanti vide una sagoma bassa e sottile arrampicarsi su uno scaffale. Un bambino.
Lo scaffale crollò verso l’interno, come se qualcosa l’avesse spinto. Il bambino perse la presa e cadde a terra, ma fu fortunato: lo scaffale si bloccò contro quello opposto e non lo schiacciò. Il predatore emerse nel corridoio dal lato, era stata una sua trappola.
“Porca troia, non li facevo così furbi.”
L’uomo lasciò l’orso e prese la mira verso la bestia che stava emettendo il suo sibilo di caccia.
«Scappa!» gridò una voce.
Il pazzo arrivò in aiuto del bambino sparando a raffica. I colpi centrarono il predatore alla spalla, ma questo, anziché rallentarlo, lo fece infuriare. Scoprì i denti affilati come le zanne di un lupo, ruggendo in faccia al pazzo. La pelle glabra del volto si contorse in un’espressione animalesca che non aveva più nulla dell’umanità che un tempo vi albergava.
Il mostro si avventò sull'aggressore, trafiggendolo al petto con gli artigli delle mani.
Il pazzo tossì. «Ricordati quello che ti ho insegnato» rantolò.
L’uomo provò pena per lui, sapeva che sarebbe potuto essere al suo posto.
Il predatore emise un ruggito di vittoria e lo morse al collo, il pazzo puntò il fucile sotto la mandibola e sparò. Entrambi caddero a terra in un colpo sordo. Il rumore fu seguito da un altro, l’uomo rimase in tensione, ma non sentì più nulla di sospetto e tornò a respirare.
Chiara è in salvo. Per fortuna è finita.
Abbassò l’arma e andò verso il corpo del bambino che sporgeva da sotto lo scaffale, lo toccò con un piede.
«Sei vivo?» chiese.
Il bimbo si mosse e tossì. Allora l’uomo lo afferrò per la giacca e lo trascinò fuori da quella trappola. Gli diede una spolverata ai lunghi capelli mentre questi si metteva seduto con le gambe incrociate. L’uomo si inchinò e lo guardò, indossava un visore molto più grande della sua testa, stretto con lacci di fortuna che gli arrivavano fin dietro al collo.
«È tutto finito?» chiese il bimbo.
«Sì» rispose l’uomo.
«Dov’è il mio papà?»
L’uomo fece una pausa, pensando a cosa dire.
«Lui è… beh… ha detto che devi venire con me.»
«Non è vero. Lui mi ha detto di non fidarmi degli altri. Voglio sentirlo da lui» il bimbo incrociò le braccia.
Merda, non ci so proprio fare con i bambini… meglio cambiare argomento”.
«Hai per caso visto mia moglie? Dev’essere da questa parti.»
Il bambino non rispose. «Voglio il mio papà.»
L’uomo si grattò la nuca dove il visore stringeva con i lacci, pensando a un modo di sbloccare la situazione.
Non posso lasciarlo così.
«Ti piace la musica?» gli chiese allora.
«La musica?» il bambino sembrò più interessato.
L’uomo gli porse un auricolare, il bimbo sembrò indeciso se accettare o no, prese la cuffietta nella manina e la osservò.
«Cos’è?» chiese.
«Una cuffia, da lì esce musica, avvicinala all’orecchio.»
«Mio papà mi canta sempre una canzone prima di dormire.»
«Non so se è la stessa, ne ho solo una, purtroppo non è facile trovare un computer di questi tempi… è la preferita di mia moglie. Ascoltala, non aver paura» l’uomo sorrise mettendosi l’auricolare, cercando di rassicurare il bambino.

And the shame was on the other side
Oh we can beat them, for ever and ever
Then we could be Heroes,
Just for one day

Questo si mise la cuffia nell’orecchio e poi fece un’espressione stupita.
«Ti piace?»
«Ma non si sente niente.»

We can be Heroes, for ever and ever
What d'you say?

«Come no? La mia funziona… proviamo a scambiarcele.»
Prese la cuffia del bimbo e se la mise, dandogli la propria.
«Funziona, io la sento…»

We can be Heroes
We can be Heroes
We can be Heroes
Just for one day

«Non va!» disse il bambino, lanciandogli la cuffietta contro.
«Calmati, non riesco a capire» si mise anche la seconda cuffia.

We're nothing, and nothing will help us
Maybe we're lying,

«Funziona!» disse.
Sentì una mano sulla propria spalla e si voltò, era Chiara.
«Ti ho cercata dappertutto!» la abbracciò e la baciò sulle labbra. «Ho avuto paura di perderti!»
Lei gli accarezzò il viso. «Stai tranquillo, sono qui ora.»

Then you better not stay
But we could be safer,
Just for one day

«Ma con chi parli?» chiese il bambino.
«Oh… lei è mia moglie, si chiama Chiara.»
«Dobbiamo andare via! Non hai sentito?» urlò Chiara.
«Non gridare! Cosa c’è?»
Chiara indicò il bambino, che lo fissava tremando, sembrava terrorizzato.
Successe in una frazione di secondo. Un predatore sfondò lo scaffale laterale, infilzò il bambino con una mano e lo trascinò indietro con sé senza lasciargli neanche il tempo di urlare.
«Muoviti!» lo tirò Chiara «non possiamo farci niente!»

We can be Heroes

«Dove cazzo è l’uscita?» chiese l’uomo.
«Seguimi!» rispose Chiara correndo davanti a lui, che riusciva a malapena a camminare.
Lo guidò nel dedalo di corridoi fin quando l’uomo non vide un fascio di luce.
«È mattina!» esclamò Chiara, percorsero gli ultimi metri che li separavano dalla salvezza, ma proprio sulla soglia Chiara si fermò.
«Nasconditi!» gridò.
L’uomo, preso alla sprovvista, si nascose dietro la porta sfondata. Fu allora che sentì il sibilo, seguito dai passi pesanti, del predatore. La creatura  gli passò davanti con passo lento, emettendo il suo verso di caccia. L’uomo si schiacciò più che poté, trattenendo il respiro.
“Chiara, cazzo!”
Il mostro indugiò vicino al suo nascondiglio, forse attirato dall’odore del sangue. Poggiò la mano con gli artigli sulla porta, l’uomo vide le lunghe dita ossute serrarsi intorno al lato.
Merda, se la sposta sono fottuto.
Un rumore, forse causato dall’altro predatore, attirò l’attenzione del mostro, che lasciò la porta e scomparve tra gli scaffali.

We can be Heroes

«Via libera!» disse Chiara sporgendosi dove fino a poco prima c’erano stati gli artigli del predatore.
«Chiara! Come hai fatto a nasconderti?»
«Vieni, non c’è tempo!» lei gli porse la mano.
L’uomo si rialzò a fatica, stremato da quella lunga notte. Si tirò su il cappuccio del parka e seguì Chiara sotto la pioggia, mentre il cielo iniziava a rischiararsi.

We can be Heroes

«Che bella giornata!» disse lei, allargando le braccia al cielo.
L’uomo sorrise, ce l’avevano fatta. «Ti amo. Sei la mia unica ragione per andare avanti.»
«Anche io ti amo» rispose lei, gli si avvicinò, guardandolo con i suoi occhi azzurri e lo baciò. L’uomo si lasciò trasportare, come se tutto quello che aveva passato quella notte non fosse mai accaduto, come se fosse solo un sogno lontano. Il dolore, sparito, la sofferenza, spazzata via.
Esistevano solo lei e la sua lingua calda e umida.

And we kissed,
as though nothing could fall

Si staccarono, Chiara sorrise.
«Ora andiamo, lasciamoci alle spalle questa città, voglio andare verso quel monte» l’uomo indicò una montagna che svettava a ovest «sarà più facile trovare selvaggina» le diede ancora un bacio veloce e si incamminarono mano nella mano sotto la pioggia.
E ci saranno anche meno predatori.

We can be Heroes

Guardò la donna che amava sorridere sotto il cappuccio, sembrava così felice, come se gli orrori che vivevano tutti i giorni non la toccassero nemmeno.
L’uomo deglutì una pastiglia di antibiotico e sorrise, il dolore alla gamba era diminuito.
Appena trovo un posto sicuro devo cambiare la medicazione.”

Just for one day

Qualsiasi cosa dovremmo affrontare, lo faremo insieme.
La risata cristallina e argentea di una donna sovrastò la canzone.  L’uomo guardò Chiara.
«Cosa c’è che ti fa ridere?» le chiese.
Lei non rispose, continuò a camminare senza degnarlo di uno sguardo.
Stava per togliersi le cuffie…
Crrrrrrrrrr
Un rumore simile ad un’interferenza radio lo bloccò.
La risata della donna tornò a rimbombare nella sua testa.


La malattia, la follia, e la morte, erano gli angeli neri che si affacciavano sulla mia culla.

*Canzoni inserite: "Heroes" di David Bowie e "Sono un Fantasma" di MadMan.

3 commenti:

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  2. Siamo di fronte a una giovane promessa della narrativa fantastica itagliana, io convengo, piuttosto anzichenò.

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