lunedì 20 aprile 2015

L'IDOLO BIANCO - UNGHIE E CAPELLI

«State attenti, loro sono ancora fra noi.»
Chris spense la televisione, con la mano ancora tremante appoggiò il telecomando accanto a sé sul divano.
«Bel film» commentò Erik.
«Chris, ma ti sei davvero cagato sotto?» disse Tyler sghignazzando.
«No, ma che cazzo dici, stavo pensando.»
«Stai sudando» lo prese ancora in giro Erik.
«Dai, ragazzi, è tardi, domani devo svegliarmi presto, andate a casa…» gli rispose Chris.
«Eddai, i tuoi non sono ancora arrivati, guardiamoci una puntata di X-Files, di solito a quest’ora la danno sempre!»
«No, sul serio, son stanco, e se mi beccano ancora alzato a quest’ora mi tolgono la televisione per un mese…»
«Va bene, facciamo la prossima volta…» rispose Erik.
I due amici andarono a prendere il giubbotto e lo salutarono, Chris rimase sulla soglia a guardarli allontanarsi nel vialetto buio, finché non furono inghiottiti dall'oscurità. Volse lo sguardo al cielo, ammirando le stelle.
“Chissà se davvero esiste qualcuno in un’altra parte dell’universo…”
Rimase perso nei suoi pensieri fino a quando un rumore improvviso lo fece voltare: proveniva dalla cucina.
«C'è qualcuno?» disse richiudendo la porta. «Ragazzi, siete voi?»
"Non è la prima volta che ‘sti due idioti rientrano dalla finestra per farmi venire un colpo…"
Arrivò davanti alla porta della cucina e si fermò, in casa regnava il silenzio, Chris incominciava a sentirsi irrequieto, deglutì per cercare di mandare giù il nodo che gli si era formato in gola.
«C'è qualcuno?» gridò, la voce gli uscì più stridula del previsto.
Nessuna risposta.
Si fece coraggio e spalancò la porta, istintivamente con la mano cercò l'interruttore e accese la luce.
La cucina era perfettamente in ordine, la lavastoviglie aveva la spia fissa, segno che aveva terminato il ciclo di lavaggio.
«Vaffanculo...» disse, «ma dai, Chris, ti fai spaventare dalla lavastoviglie.»
"La devo finire di fare queste serate horror."
Spense la macchina, poi aprì il cassetto delle posate e prese il lungo coltello da pane.
"Be’, magari non ci saranno alieni o mostri, ma con tutti i ladri che ci sono, meglio aver qualcosa con cui difendersi."
Col coltello in mano si sentì più al sicuro, salì le scale e andò in camera.
Un rumore, una specie di verso animalesco lo fece sobbalzare.
«E che cazzo!»
“Datti una calmata, sarà stato un animale nel bosco qui vicino… devo smetterla di aver paura… tanto tra poco arrivano mamma e papà.”
Si mise il pigiama e andò verso il bagno per darsi una sciacquata. Come mise il piede nella stanza la sua mente tornò al protagonista del film, che terrorizzato osservava le proprie unghie e capelli cadere senza poter fare niente.
Per un attimo gli parve quasi di averlo lì davanti, nella doccia, mentre si teneva la testa glabra fra le mani, l'espressione terrorizzata stampata sul volto.
"Ma porca..."
Strabuzzò gli occhi, l'uomo scomparve, volatilizzato.
"Che cazzo, a sedici anni mi faccio ancora influenzare dai film sugli alieni."
Posò il coltello sullo sgabello vicino al cesso, aprì il rubinetto e si lavò i denti. Per tutto il tempo tenne lo sguardo fisso sullo specchio dinnanzi al lavandino, osservando la finestra alle proprie spalle cercando qualche possibile movimento, ma fuori era tutto nero, immobile.
“Una bella sciacquata con l’acqua fredda e tutti questi pensieri idioti passeranno.”
Ma anche dopo essersi tolto il sudore di dosso rimase in uno stato di inquietudine, stese il braccio davanti a sé: la mano tremava.
Prese il coltello, intenzionato a chiudersi in camera fino all’arrivo dei suoi, quando sentì la porta di sotto aprirsi e le risate acute della madre.
“Finalmente, cazzo.”
Scese le scale di corsa.
«Ciao Chris! Ancora sveglio?» lo salutò la madre.
«Sì, ne ho approfittato per guardarmi qualche bel film con amici, ma stavo giusto andando a letto»
«E con quello cosa ci fai?» chiese accigliato suo padre, indicando il coltello.
«Oh niente, avevo sentito dei rumori…»
I suoi scoppiarono in una fragorosa risata.
«Meno male che ci sei tu a tenere il forte quando non ci siamo» lo schernì il padre.
«Ridi, ridi, vorrei vedere te rimanere tranquillo dopo i film che ho visto»
«Su, ora va‘ a posarlo» gli disse sua madre, facendo un gesto con la mano.
Chris notò che le mancava l’unghia dell’anulare.
«Cosa c’è, Chris?» chiese preoccupata. «Sei bianco come un cencio»
«La… la tua unghia…» balbettò.
«Ah, per questa!» disse ridendo la madre. «In ufficio mi son beccata in pieno il dito con il timbro e l’unghia mi è caduta, capita.»
“La devo finire con questa storia, sono paranoico.”
Andò a posare il coltello nel cassetto in cucina, salutò i suoi che si erano messi sul divano a guardare la tv e salì le scale.
“Domani mattina tutto questo mi sembrerà una grandissima cazzata“ pensò, mentre si tirava le coperte fin sopra le orecchie.

Il cielo sopra di lui era arancione con sfumature di rosso, gli occhi di Chris ci misero qualche secondo ad abituarsi all’intensa luce emessa dai due soli, alti nel cielo.
“Dove sono finito?“ si chiese.
Si guardò intorno: si trovava in una brulla pianura rossastra sulla quale il vento alzava una sottile polvere che gli faceva bruciare gli occhi.
Li chiuse e se li strofinò, togliendosi la sabbiolina con le dita.
Ci mise qualche secondo prima di riaprirli, intorno a lui non c’era nulla, salvo una specie di enorme cratere a pochi passi da lui.
“Sono in mezzo al nulla” costatò.
All’orizzonte qualcosa attirò la sua attenzione: cercò di mettere a fuoco quelle strane forme che spuntavano in mezzo al deserto e che riflettevano la luce.
“Sarà una città?“ si chiese, incamminandosi in quella direzione.
Man mano che avanzava sotto al calore cocente dei soli le forme acquisivano contorni più definiti: sembravano essere un grande ammasso di coni giganteschi, la superficie grigia era perfettamente levigata.
“Spero che lì ci sia qualcuno, ormai ci sono quasi…”
Quando arrivò alla base del primo edificio, però, la sera era ormai giunta, i soli erano tramontati portandosi via il caldo asfissiante, l’aria si era fatta più fredda e il vento più intenso.
Si strinse nelle spalle cercando di riscaldarsi, ma servì a ben poco contro il freddo pungente: non sentiva più le punta delle dita delle mani e gli stava salendo un forte mal di testa. Fece il giro dell’edificio, ma non trovò porte o aperture di sorta, così proseguì nel buio verso altri edifici, aveva le gambe a pezzi, ma si costrinse ad andare avanti.
“Chissà cosa c’è dentro questi cosi... E chi li ha messi qui...”
Continuò la sua esplorazione senza risultati, fino a quando un rumore improvviso non attirò la sua attenzione.
“Passi…”
Il rumore si faceva sempre più vicino. Il cuore gli balzò in gola.
Iniziò a sudare freddo e a tremare, le sue gambe erano immobili, paralizzate dalla stanchezza e dalla paura; cercò di scorgere qualcosa nell’oscurità: una forma o un movimento, ma non vide nulla.
L’enorme luna del pianeta emetteva una luce fioca, che non riusciva a penetrare fra tutti quei palazzi.
«Chi c’è?» gridò.
“Che strano… in un posto come questo dovrebbe esserci l’eco…” Le sue parole erano state come assorbite dal vento e portate lontano.
«Tucramix, cosa ci fai ancora qui? So che sei contrario, ma va fatto. Vieni dentro, stiamo per avviare il trasferimento.» La voce, simile ad un bisbiglio, gli aveva parlato direttamente nella testa.
Dalle tenebre emerse una figura umanoide dal cranio oblungo, si fermò davanti a lui, proprio dove un raggio di luna riusciva a filtrare: la pelle era pallida e ricoperta da vene, nella luce che arrivava la creatura sembrava quasi  brillare, aveva un qualcosa di etereo, di sovrannaturale.
«Forza, vieni, questo non è più il nostro posto» sentì nuovamente la voce nella testa.
La creatura gli porse una mano biancastra e viscida e Chris l’afferrò, seguendola oltre una porta che si era aperta in un cono di metallo lì vicino.
All’interno dell’edificio l’aria puzzava di chiuso e faceva un caldo insostenibile, Chris passò in pochi secondi dal tremare di freddo all’essere sudato marcio. Si addentrarono sempre di più nei meandri della costruzione, le pareti erano illuminate solamente da una chiara luce azzurra proveniente da spesse linee fluorescenti a metà altezza.
“Come ci si sveglia da questo incubo?”
Proseguirono per quelle che a Chris parvero ore, i corridoi gli sembravano tutti uguali, non riuscì a cogliere nessun punto di riferimento.
“Potrei fuggire… ma per andare dove?” Scartò l’idea un secondo dopo averla valutata.
Arrivarono in una fredda stanza illuminata solo dalle fasce giallastre lungo i muri, queste erano in movimento continuo, si spostavano da un muro all’altro come in un flusso, dotate di vita propria; al centro della stanza si trovavano tre grandi bozzoli semiaperti e, accanto ad uno di essi, un’altra creatura, come quella che l’aveva accompagnato fin lì.
Quest’ultima lo fissò: Chris sentì i suoi occhi analizzare ogni centimetro del suo corpo
“Mi sta… studiando?”
L’altro essere gli diede una leggera spinta sulla schiena, facendogli segno di entrare nel bozzolo.
Riluttante, Chris vi entrò e si sdraiò, l’interno era ruvido e umido; quando l’apertura sopra di lui si chiuse, il sangue gli si raggelò nelle vene.

Si svegliò di soprassalto, la fronte e le ascelle imperlate di sudore, da sotto la porta chiusa che dava sul corridoio un fascio di luce arancione illuminava l’ingresso della sua stanza, guardò l’ora: erano le quattro del mattino.
“Cosa ci fa la luce accesa in corridoio a quest’ora?”
Si avvicinò lentamente alla porta, prese la mazza da baseball per sicurezza e rimase un secondo acquattato, con l’orecchio teso a recepire il più minimo rumore.
Passi. Poteva sentirli distintamente. Delle ombre oscurarono per un istante la luce proveniente dal corridoio. Dei rumori, forse dei versi. Chris era immobile, impietrito, poi la luce tornò a filtrare da sotto la porta e il rumore di passi si allontanò.
Aprì leggermente la porta sperando non scricchiolasse, sbirciò con un occhio e riuscì a intravedere di sfuggita due alte figure uscire dalla stanza dei suoi genitori e scendere le scale, le seguì, mantenendosi a distanza. Le creature entrarono in cucina e lui si nascose dietro al divano in soggiorno, le vide girare intorno al tavolo per un paio di volte, poi uscirono e si fermarono davanti alla porta d’ingresso, sembrarono annusare l’aria per un’eternità; le gocce di sudore gli solcavano il viso, strinse forte la mazza da baseball, pronto ad usarla.
“Cosa avete fatto ai miei genitori, bastardi…” pensò.
Le creature, infine, uscirono dalla porta, dileguandosi nell’oscurità.
Chris rimase per un attimo fermo, respirando profondamente, chiedendosi se quello che aveva appena visto fosse reale.
Restò nell’oscurità per qualche altro secondo, per essere certo che quelle cose si fossero allontanate, poi richiuse la porta lasciata aperta e andò in cucina a prendere il coltello da pane.
«Se vi hanno infettati…»
Tornò al piano di sopra pieno di paura, temendo cosa avrebbe trovato una volta aperta la camera dei propri genitori.
“Forza, lo devi fare” pensò, spingendo la maniglia verso il basso. Fece un gran respiro e spinse la porta, l’interno era completamente buio e accese la luce: i suoi erano a letto, ma di umano avevano solamente la forma, la loro pelle era chiara e squamosa e poteva vedere le vene gonfiarsi sempre di più su quei corpi scheletrici, i capelli sparsi ovunque sul letto.
«No, no, no, no…» disse.
Sua madre aprì gli occhi, completamente neri, e urlò spaventata.
«Cosa sei? Cosa vuoi?» gli chiese suo padre, svegliandosi all’improvviso.
«Mi dispiace, voi… vi state trasformando…» disse.
«Sta attento, ha un coltello!» Sua madre scoppiò a piangere.
«Devo farlo, non posso permettere che la terra venga invasa.»
Suo padre con un balzo cercò di afferrargli il polso, ma Chris fu più veloce e lo colpì alla gola, il sangue fuoriuscì a fiotti, macchiando le coperte beige.
«Oddio!» gridò la madre in lacrime, mentre il corpo del coniuge giaceva sopra di lei, senza vita.
«Ti prego fermati!» lo supplicò.
«Ti voglio bene mamma, scusami… ma sei infetta, devo farlo!»
«Ti prego! Cosa hai fatto a Chris?» si coprì il volto con la mani.
«Scusa.»
La trafisse nel petto, i singhiozzi della donna divennero rantoli di dolore.
Chris cadde in ginocchio, le lacrime gli rigavano il viso e il corpo era scosso da un tremore irrefrenabile.
«Mi dispiace» piagnucolò, poi si accasciò a terra e chiuse gli occhi.
“Dovrò dire a qualcuno quello che ho fatto...”
Si addormentò.
Quando si risvegliò il sole filtrava tra i buchi delle serrande, si alzò dal gelido pavimento e si diresse in camera sua, doveva riordinare le idee, ma non appena entrò vide qualcosa di strano nel suo letto, sembrava che qualcuno ci stesse ancora dormendo.
“Se fosse uno di loro?”
Accecato dalla rabbia con un gesto deciso tolse le coperte.
Squarciato a metà, c’era un involucro di pelle umana, l’interno era pieno di sangue e di quelle che parevano essere interiora, una scia di sangue incominciava proprio dal letto e continuava poi fino ad una grossa chiazza di sangue vicino alla porta, da dove poi finiva in corridoio.
“Dio, no!”
Corse in bagno e andò a guardarsi allo specchio, nel riflesso vide una creatura abominevole, glabra e dal cranio allungato, con due grandi occhi completamente neri e vuoti.


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